La dialisi è una terapia che replica la funzione dei reni, indicata in presenza di insufficienza renale.
Esistono due tipi di dialisi, l’emodialisi e la dialisi peritoneale, entrambe ugualmente efficaci, che possono svolgersi in una clinica ospedaliera o a domicilio.
In Italia, secondo quanto emerge dai dati del Registro Italiano Dialisi e Trapianto, sono circa 45.000 le persone sottoposte a dialisi.
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Da svolgersi con regolarità, da un minimo di 3 volte a settimana ad anche tutti i giorni, la dialisi richiede una certa preparazione e può avere alcuni effetti collaterali.
Approfondiamo insieme, e analizziamo con maggiori dettagli cos’è la dialisi, quando serve, come funzionano emodialisi e dialisi peritoneale, e quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questi trattamenti.
Cosa vuol dire fare la dialisi?
Di cosa parliamo in questo articolo
La dialisi è un trattamento medico, realizzato con varie tecniche, riservato alle persone con insufficienza renale, che consente di filtrare il sangue da tossine e prodotti di scarto derivanti principalmente dall’attività del metabolismo.
Sostanzialmente, la dialisi svolge una funzione paragonabile a quella dei reni, due organi fondamentali per la salute e il benessere dell’essere umano.
Simile a un grande fagiolo, il rene è un organo pari situato nella cavità addominale, alla base della gabbia toracica, a lato della colonna vertebrale.
Fa parte dell’apparato urinario (o apparato escretore) e ricopre una serie di funzioni fondamentali per l’organismo umano.
Il rene, infatti:
- filtra le sostanze di rifiuto e quelle tossiche presenti nel sangue, depurandolo, e le converte in urina;
- regola gli equilibri idro-salini del sangue;
- regola gli equilibri acido-base del sangue;
- produce la proteina eritropoietina, un ormone che regola la produzione dei globuli rossi.
Come si può notare, le funzioni del rene sono strettamente connesse al sangue; vale la pena, pertanto, ricordare che quest’ultimo giunge ai reni attraverso l’arteria renale e li lascia attraverso la vena renale, la quale confluisce nella vena cava, la grande vena che raggiunge il cuore.
A cosa serve la dialisi?
La dialisi riproduce parte della funzione dei reni; nello specifico, è in grado di rimuovere le sostanze di scarto e quelle dannose presenti nel sangue, frutto dell’attività del metabolismo e incompatibili nel lungo periodo con una vita in salute.
La dialisi trova indicazione nelle persone che soffrono di insufficienza renale, termine medico che si riferisce a un’incapacità da parte dei reni di adempiere correttamente alle proprie funzioni.
L’insufficienza renale è una complicanza di numerose condizioni di salute, tra cui:
- diabete;
- ipertensione;
- glomerulonefrite;
- pielonefrite;
- rene policistico;
- nefrite interstiziale;
- reflusso vescico-ureterale;
- malattie di cuore.
Efficacia della dialisi
La dialisi è un trattamento efficace nell’eliminare scorie e sostanze di rifiuto dal sangue; tuttavia, non replica in toto tutte le funzioni dei reni, ragion per cui non può considerarsi una cura definitiva per l’insufficienza renale.
Per favorire l’efficacia della dialisi, i medici consigliano di:
- seguire scrupolosamente il programma di dialisi previsto;
- attenersi al piano dietetico previsto in caso di insufficienza renale;
- praticare regolarmente un’attività fisica consona al proprio stato di salute, per contribuire alla salute del cuore.
Tipi di dialisi
Come accennato nell’introduzione di questo articolo, attualmente esistono due tipi di dialisi:
- l’emodialisi;
- la dialisi peritoneale.
Si tratta di due tecniche per la dialisi differenti, ma ugualmente efficaci.
La scelta di una piuttosto che di un’altra dipende, primariamente, dalla condizione medica presente e, in secondo luogo, dalle preferenze del paziente.
Emodialisi
L’emodialisi è una procedura medica utilizzata per trattare i pazienti con insufficienza renale avanzata o cronica.
Prevede l’uso di una macchina, chiamata emodializzatore, che funge da filtro esterno al corpo per rimuovere le tossine e i liquidi in eccesso dal sangue.
Vediamo insieme come funziona.
Come funziona?
Abbiamo visto che l’emodialisi prevede l’impiego di un apposito macchinario, l’emodializzatore.
Questo macchinario svolge le seguenti funzioni:
- rimuove temporaneamente il sangue dal corpo del paziente;
- filtra le sostanze di rifiuto e le scorie presenti grazie a una sua componente nota come dializzatore. Il dializzatore è una sorta di rene artificiale che ripulisce il sangue tramite una soluzione detergente, costituita da acqua, sale e altri additivi;
- reimmette il sangue purificato nel paziente.
L’emodialisi richiede un accesso vascolare al torrente circolatorio, che serve per rimuovere e reimmettere il sangue; per creare tale accesso, è necessario un intervento di chirurgia minore.
Per l’intera durata della procedura, lo strumento per l’emodialisi monitora costantemente la pressione sanguigna del paziente, in modo tale che la rimozione e reimmissione del sangue avvenga in modo adeguato e senza provocare squilibri.
L’emodialisi si svolge generalmente in un reparto ospedaliero; tuttavia, in casi particolari, è possibile effettuarla anche da casa.
Come prepararsi
Prima dell’emodialisi, è previsto un intervento di chirurgia minore per la realizzazione a livello del braccio di un accesso vascolare, che, una volta collegato al macchinario per la dialisi, permette a questo di prelevare e reimmettere in circolo il sangue del paziente.
La creazione dell’accesso vascolare consiste sostanzialmente nell’unione di un’arteria a una vena (fistola artero-venosa), operazione che dà come risultato un vaso più grande e più forte, adatto alla strumentazione da impiegare successivamente.
Se nel paziente è impossibile realizzare una fistola artero-venosa (perché, per esempio, i vasi arteriosi e venosi sono troppo piccoli), la creazione dell’accesso vascolare avviene in altro modo: attraverso un innesto sintetico (di fatto, un tubicino), posto a collegamento tra un’arteria e una vena.
L’intervento di chirurgia minore per l’accesso vascolare si svolge tipicamente dalle 4 alle 8 settimane prima dell’inizio dell’emodialisi; questo lasso di tempo serve ai tessuti e alla pelle per guarire e recuperare totalmente.
Qualora l’emodialisi fosse un procedura da attuare con urgenza (e quindi non ci sarebbe il tempo per attendere la realizzazione della fistola artero-venosa), si può comunque eseguire, appunto in emergenza, tramite un piccolo catetere inserito in una vena del collo.
Dialisi peritoneale
La dialisi peritoneale è un trattamento medico per la gestione dell’insufficienza renale cronica, che si basa sull’uso della membrana peritoneale del paziente come filtro naturale.
Questa procedura offre ai pazienti una maggiore flessibilità rispetto alla dialisi ematica, consentendo loro di eseguire trattamenti a casa o in altre strutture non ospedaliere.
Tuttavia, richiede un maggiore coinvolgimento del paziente nell’esecuzione dei trattamenti e nel mantenimento dell’igiene per evitare infezioni.
Come funziona?
A differenza della emodialisi, la dialisi peritoneale prevede l’introduzione nella cavità peritoneale, attraverso un apposito catetere, di una soluzione detergente, chiamata dialisato, che è in grado di captare scorie e sostanze di rifiuto presenti nel sangue circolante nei vasi del peritoneo, che corrisponde alla membrana che riveste parte degli organi addominali.
Nella dialisi peritoneale, il ruolo del peritoneo è centrale: infatti, per prima cosa, è finemente vascolarizzato (pertanto, c’è un’elevata circolazione di sangue) e, in secondo luogo, è in grado di rilasciare facilmente le sostanze contenute nel sangue, ricoprendo a tutti gli effetti il ruolo di filtro.
In sostanza, il peritoneo mette a disposizione il sangue da ripulire, mentre il dialisato crea una sorta di effetto calamita per le scorie e le sostanze di rifiuto che intossicano il sangue.
Come l’emodialisi, anche la dialisi peritoneale comporta l’esecuzione di un intervento di chirurgia minore finalizzato a impiantare il catetere impiegato per riversare il dialisato nella cavità peritoneale.
Se la dialisi peritoneale è di tipo manuale, il dialisato proviene da una sacca collegata esternamente al catetere. In questi casi si parla di dialisi peritoneale ambulatoriale continua.
Il catetere addominale presenta un’apertura a Y, che consente, tramite un accesso, l’introduzione del dialisato e, tramite l’altro accesso, la sua eliminazione.
Generalmente, si usano più sacche, poiché l’opera di pulizia di tutto il sangue richiede una certa quantità di dialisato. Nel corso della procedura, il dialisato deve essere cambiato più volte, perché mano a mano che capta scorie e rifiuti dal sangue si satura e perde di efficacia.
A eseguire il cambio del dialisato può essere l’operatore sanitario oppure il paziente, se è nelle condizione di provvedere a sé stesso.
Se la dialisi peritoneale è di tipo automatizzato, invece, è il termociclatore a pensare a tutto, e il paziente deve soltanto attendere il segnale di avvenuta conclusione della dialisi. In questi frangenti, si parla più propriamente di dialisi peritoneale automatizzata.
Allo stesso modo dell’emodialisi, anche la dialisi peritoneale può svolgersi in un reparto ospedaliero o a domicilio, a seconda del paziente.
Come prepararsi
Anche prima della dialisi peritoneale è previsto un intervento di chirurgia minore; in questo caso, però, l’operazione serve a introdurre un catetere a livello addominale, in modo da collegare l’esterno con la cavità addominale (e permettere il successivo passaggio della soluzione detergente).
In genere, l’intervento di chirurgia minore per il posizionamento del catetere si svolge circa 3 settimane prima dell’inizio della dialisi.
Il catetere è permanente.
Sintomi, rischi e complicanze
Entrambe le tipologie di dialisi possono indurre sul momento sensazioni poco piacevoli, ma temporanee.
In particolare, l’emodialisi può causare:
- abbassamento della pressione sanguigna;
- nausea e vertigini;
- senso di svenimento;
- dolore al petto;
- mal di schiena;
- prurito alle pelle;
- crampi muscolari;
- sintomi della sindrome delle gambe senza riposo.
La dialisi peritoneale, invece, può provocare un fastidioso senso di gonfiore a livello addominale.
Per quanto riguarda, invece, i rischi e le complicanze connesse a queste procedure, possiamo elencare le seguenti:
- Emodialisi: la maggior parte dei problemi sono connessi alla fistola, perché può essere sede di infezione o perché può funzionare male a causa della formazione di tessuto cicatriziale o di un coagulo sanguigno. Anche se più raramente, può capitare che durante l’emodialisi l’ago impiantato nella fistola si stacchi, innescando un’emorragia. Tuttavia, fortunatamente, le moderne apparecchiature per l’emodialisi sono in grado di rilevare subito questi eventi e informare il personale medico dell’accaduto.
- Dialisi peritoneale: bisogna segnalare, innanzitutto, il rischio di infezione connesso alla presenza del catetere. In secondo luogo, l’aumentato rischio di ernia dovuto alla periodica infusione del dialisato a livello peritoneale che comporta un indebolimento della parete addominale. Infine, il rischio di un aumento di peso, conseguente all’ingente assorbimento nel tempo del destrosio presente nel dialisato.
Il medico illustrerà al paziente questi effetti collaterali, e fornirà le istruzioni per la loro gestione.
Quante volte alla settimana si fa la dialisi e quanto dura?
Il numero di volte a settimana in cui si fa la dialisi dipende dal tipo di metodica impiegata.
In genere, la persona in emodialisi si sottopone al trattamento 3 volte alla settimana, per una durata a seduta variabile dalle 3 alle 5 ore.
La persona in dialisi peritoneale, invece, deve ricorrere al trattamento ogni giorno, con modalità differenti a seconda che si tratti di dialisi peritoneale manuale o automatizzata:
- manuale: la soluzione detergente va mantenuta in sede, a livello peritoneale, per circa 5-6 ore e scambiata 4-5 volte al giorno (l’operazione di scambio richiede circa 30 minuti). Le persone in dialisi peritoneale manuale si sottopongono al trattamento anche durante la notte;
- automatizzata: l’opera di pulizia del sangue avviene nel corso della notte, tramite l’azione del termociclatore, e ha tempi di esecuzione attorno alle 8-9 ore.
Sarà il medico a stabilire come procedere, ed è fondamentale attenersi a quanto prescritto.
Quanto tempo si vive in dialisi?
Salvo casi particolari, in presenza di insufficienza renale cronica la dialisi è un trattamento che dura tutta la vita.
Le persone in dialisi possono vivere dai 10 ai 20 anni; i tempi di sopravvivenza dipendono da svariati fattori, tra cui età e stato di salute del paziente, e cause dell’insufficienza renale.
Un possibile motivo di abbandono della dialisi è il trapianto di rene; il successo di questo intervento, tuttavia, non è automatico e dipende da numerosi fattori, in primis la compatibilità con il donatore.
Com’è la vita della persona in dialisi?
Una persona in dialisi può condurre una vita per molti aspetti normale:
- può viaggiare, a patto che continui a svolgere la dialisi nelle zone in cui si reca;
- può praticare attività fisica;
- può lavorare;
- può avere figli. Se la paziente è una donna, può portare avanti una gravidanza, con tutte le precauzioni del caso.
Ovviamente, non bisogna dimenticare che la persona in dialisi è un soggetto fragile, ragion per cui deve adattare il suo stile di vita a quelle che sono le sue condizioni di salute.
A ogni modo, per sapere nel dettaglio cosa è possibile fare in dialisi, è fortemente consigliato chiedere informazioni al proprio medico curante.