L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce l’ictus come un’improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a un deficit delle funzioni cerebrali, che durano almeno 24 ore o hanno esito infausto, e la cui causa può essere soltanto di natura vascolare.
È una patologia comune: in Italia, il Ministero della Salute riporta che, nel 2019, sono stati registrati 86.360 ricoveri per ictus acuto, con 55.343 decessi, di cui 22.062 uomini e 33.372 donne.
Si tratta di una grave condizione cerebrovascolare, potenzialmente fatale, che si verifica quando l’apporto di sangue a una data area cerebrale è ridotto rispetto alle richieste.
Secondo alcune statistiche riportate sempre dal Ministero della Salute, rappresenta la seconda causa di morte nel Mondo, dopo le malattie di cuore e prima dei tumori.
Approfondiamo insieme, e analizziamo con maggiori dettagli cos’è l’ictus, quante tipologie di ictus esistono, i sintomi e la terapia.
Cos’è l’ictus
Di cosa parliamo in questo articolo
- Cos’è l’ictus
- Tipi di ictus: ischemico o emorragico
- Quali sono le cause principali?
- Fattori di rischio di ictus
- Chi soffre maggiormente di ictus?
- Qual è la differenza tra ictus e TIA?
- Quali sono i sintomi di un ictus?
- Perché l’ictus colpisce un solo lato del corpo?
- Quali sono le complicanze
- Cosa fare dopo un ictus?
L’ictus è una grave condizione medica, potenzialmente mortale, che si instaura quando un’area più o meno estesa del cervello non riceve più sangue o ne riceve meno del necessario.
Il sangue, infatti, trasporta ossigeno e nutrienti che servono ai tessuti per restare in salute e mantenersi in vita.
Al verificarsi di un ictus, il distretto cerebrale interessato entra in uno stato di sofferenza dovuto alla mancanza di ossigeno e nutrienti; questa sofferenza può tradursi in un danno tissutale o, peggio, nella morte del tessuto (necrosi).
L’ictus insorge in modo improvviso, ragion per cui rappresenta un’emergenza medica che necessita di un intervento terapeutico immediato.
Per quanto concerne la classificazione, l’ictus è considerato una patologia cerebrovascolare, poiché ha per protagonisti il cervello e i vasi sanguigni che vi apportano ossigeno e nutrienti.
Rappresenta un’emergenza medica, che richiede un trattamento immediato e adeguato alle caratteristiche della condizione (tipologia di ictus, sede, severità ecc.).
Tipi di ictus: ischemico o emorragico
Esistono due tipologie di ictus: l’ictus ischemico e l’ictus emorragico.
Tra le due varianti di ictus, la più comune è quella ischemica, che caratterizza l’87% dei casi di ictus.
1. Ictus ischemico
Si parla di ictus ischemico quando a interrompere l’apporto di sangue ossigenato è il restringimento o la completa occlusione di un’arteria cerebrale o di un’arteria che è strettamente collegata ai vasi cerebrali (es: carotidi).
Restringimenti e occlusioni che caratterizzano l’ictus ischemico sono la conseguenza di fenomeni tromboembolici.
Se il responsabile è un trombo (coagulo di sangue ancorato alle pareti dei vasi sanguigni), si parla anche di ictus ischemico trombotico; se il responsabile, invece, è un embolo (coagulo di sangue mobile, formatosi di solito per lo sfaldamento di un trombo), si parla più propriamente di ictus ischemico embolico.
2. Ictus emorragico
Si parla, invece, di ictus emorragico quando l’interruzione dell’apporto di sangue ossigenato è dovuta alla rottura di un vaso sanguigno cerebrale.
L’ictus emorragico è una condizione più grave dell’ictus ischemico.
In aggiunta al ridotto apporto di sangue a un’area del cervello, infatti, bisogna considerare anche l’emorragia provocata dalla lesione vascolare, emorragia che esercita una pressione sul tessuto cerebrale tale da recare un ulteriore danno all’organo.
Anche nel caso dell’ictus emorragico esistono due sottotipologie:
- l’ictus emorragico intracerebrale. Si caratterizza per una lesione vascolare con sede all’interno del cervello;
- l’ictus emorragico subaracnoideo. Si contraddistingue per la lesione di un vaso sanguigno situato nello spazio subaracnoideo, tra la meninge aracnoide e la meninge pia madre.
Quali sono le cause principali?
Come spiegato, l’ictus è la conseguenza dell’interruzione dell’apporto di sangue a un distretto cerebrale più o meno esteso.
Tale interruzione può essere dovuta:
- in caso di ictus ischemico, a un trombo o a un embolo. Un trombo è un coagulo di sangue, formato da globuli rossi e bianchi, piastrine e fibrina e ancorato alla parete interna dei vasi sanguigni. Un embolo, invece, è perlopiù un coagulo di sangue mobile, che origina dallo sfaldamento di un trombo e che può viaggiare nel torrente circolatorio raggiungendo distretti anche molti distanti dal punto di origine;
- in caso di ictus emorragico, alla rottura di un vaso sanguigno arterioso che irrora il tessuto cerebrale.
Fattori di rischio di ictus
I fattori di rischio per l’ictus sono numerosi, e spesso agiscono di concerto, nel senso che uno solo di loro in genere non è sufficiente a causare la patologia.
È per questo motivo che gli esperti definiscono l’ictus come una condizione a genesi multifattoriale.
I principali fattori di rischio ischemico sono:
- ipertensione;
- aterosclerosi;
- fumo di sigaretta;
- sovrappeso e obesità;
- sedentarietà;
- ipercolesterolemia;
- diabete mellito;
- abuso di sostanze alcoliche e/o droghe;
- presenza di aritmie (es: fibrillazione atriale).
Sono, invece, fattori di rischio emorragico:
- aneurisma cerebrale;
- traumi cerebrali;
- ipertensione cronica;
- malformazione artero-venose congenite;
- angiopatia amiloide cerebrale: si tratta di una patologia correlata all’età, caratterizzata dalla deposizione di proteina beta-amiloide sulla parete interna dei vasi cerebrali di piccolo-medio calibro e da un aumentato rischio di lesione vascolare a livello del cervello.
Fattori di rischio modificabili e non modificabili
Esiste un’altra interessante classificazione dei fattori di rischio, la quale li distingue in modificabili e non modificabili in funzione del fatto che sussista o meno un rimedio o un comportamento in grado appunto di modificarli.
Sono fattori di rischio modificabili:
- ipertensione;
- aterosclerosi;
- fumo attivo e passivo;
- ipercolesterolemia;
- sovrappeso e obesità;
- diabete mellito;
- sedentarietà;
- malattie cardiovascolari, aritmie comprese;
- abuso di alcol e/o droghe.
Rientrano, invece, nell’elenco dei fattori di rischio non modificabili:
- età avanzata;
- malformazioni congenite a carico della rete vascolare cerebrale;
- popolazione di appartenenza (es: gli africani sono più a rischio dei caucasici);
- familiarità per l’ictus;
- sesso maschile.
Chi soffre maggiormente di ictus?
L’ictus colpisce prevalentemente le persone anziane: circa ⅔ dei pazienti ha più di 65 anni.
Questa patologia cerebrovascolare è più comune tra gli uomini, sebbene presenti un tasso di mortalità superiore nelle donne (per via della maggiore longevità).
Ci sono popolazioni più a rischio di altre; in particolare, sono più soggette a ictus quelle africana, asiatica e caraibica.
Qual è la differenza tra ictus e TIA?
TIA è l’acronimo di Attacco Ischemico Transitorio. Un TIA è una forma particolare di ictus ischemico, in cui la riduzione dell’apporto di sangue al tessuto cerebrale è temporanea e non permanente, come invece accade nell’ictus.
Il TIA riconosce le stesse cause e gli stessi fattori di rischio dell’ictus ischemico, e si manifesta con gli stessi sintomi.
Si tratta di una condizione meno grave, ma che non bisogna affatto sottovalutare: costituisce, infatti, un importante indicatore di uno stato di salute non ottimale, per il quale bisogna attuare immediatamente delle contromisure (es: cambiare stile di vita, sottoporsi a controlli periodici ecc.).
Per essere considerato tale, il TIA deve risolversi in un arco temporale non superiore alle 24 ore (generalmente la risoluzione avviene dopo 15-20 minuti dall’esordio dei sintomi).
Quali sono i sintomi di un ictus?
Il cervello umano comprende numerose aree differenti, ognuna con una propria funzione specifica; quando una di queste aree sviluppa un ictus, la funzione correlata viene meno.
Tutto ciò serve a spiegare che le manifestazioni del danno cerebrale indotto da un ictus variano in relazione all’area del cervello colpita. Inoltre, chiarisce per quale motivo ogni paziente colpito da ictus rappresenta un caso a sé stante, con sintomi differenti rispetto a un altro.
Detto questo, è comunque possibile stilare una lista dei potenziali sintomi di ictus.
- Intorpidimento di un lato del viso e /o faccia cadente da un lato, con caratteristica deviazione della bocca;
- deficit di forza e/o di sensibilità in un lato del corpo (in genere, riguardo l’arto superiore, ma è rilevabile anche a livello di un arto inferiore);
- confusione improvvisa;
- difficoltà a parlare e/o a capire quanto viene detto;
- problemi di vista improvvisi, più spesso monolaterali ma alle volte anche bilaterali;
- difficoltà a camminare, vertigini, problemi di equilibrio e mancanza di coordinazione;
- mal di testa.
I Piani Sanitari dedicati agli iscritti al Fondo Sanimoda offrono la possibilità di ricevere un secondo parere da parte di un medico su una diagnosi precedente, completo di indicazioni terapeutiche utili per trattare la patologia in corso. Ricordiamo che la prestazione Diagnosi comparativa prevista dai Piani è fornita esclusivamente per alcune patologie, tra cui l’ictus.
Perché l’ictus colpisce un solo lato del corpo?
Il cervello umano è suddiviso in due emisferi, il destro e il sinistro:
- l’emisfero destro controlla la porzione sinistra del corpo;
- l’emisfero sinistro controlla la porzione destra del corpo.
Questa particolarità fa sì che un danno in un’area dell’emisfero destro si palesa con sintomi a carico della parte sinistra del corpo, mentre un danno in un’area dell’emisfero sinistro si manifesta con disturbi a carico della parte destra del corpo.
Quali sono le complicanze
L’ictus può determinare invalidità temporanee o permanenti. La durata e la severità di tali invalidità dipende da quanto ha dovuto attendere il paziente prima di ricevere le giuste cure: infatti, più tempo è passato dall’arrivo dei soccorsi e maggiore è il danno cerebrale.
Tra le possibili complicanze dell’ictus si segnalano:
- paralisi totale o semi-totale dei muscoli motori: il paziente perde la capacità di controllare i muscoli di un dato distretto del corpo (es: viso, arto superiore, arto inferiore). Un’adeguata riabilitazione può alleviare queste problematiche;
- gravi difficoltà a parlare e a deglutire: ciò accade quando l’ictus ha danneggiato seriamente le aree cerebrali deputate al controllo della parola e della deglutizione. In tali condizioni, il paziente potrebbe aver bisogno di un supporto per la nutrizione. Un’adeguata riabilitazione può migliorare questi disturbi;
- perdita di memoria e difficoltà di ragionamento, di pensiero e di giudizio: un’opportuna riabilitazione può aiutare a recuperare, quanto meno in parte, queste funzioni cognitive;
- dolore post-ictus: si tratta di un’alterazione della sensibilità al dolore, dovuta a una compromissione della segnalazione nervosa. Il paziente potrebbe avvertire formicolii e dolore esagerato a stimoli dolorosi normali. In questo caso, i rimedi hanno effetti limitati;
- cambiamento del comportamento: ci sono pazienti colpiti da ictus che sviluppano forme di depressione o che diventano introversi, meno socievoli, più impulsivi, ecc…;
- perdita di autosufficienza: si osserva dopo gravi ictus. Il paziente non è più in grado di badare a sé stesso durante le attività quotidiane più basilari e ha bisogno costante di assistenza.
Cosa fare dopo un ictus?
La persona colpita da un ictus ha bisogno di cure ospedaliere immediate.
In ospedale, i medici si occuperanno di definire il tipo di ictus, l’area di cervello colpita e la gravità della condizione; dopodiché, organizzeranno il trattamento più adeguato.
Riconoscere il tipo di ictus è molto importante ai fini terapeutici, poiché l’ictus ischemico richiede una terapia farmacologica sostanzialmente opposta rispetto all’ictus emorragico.
Cosa fare dopo un ictus ischemico?
In caso di ictus ischemico, lo scopo dei trattamenti è quello di liberare i vasi sanguigni occlusi, al fine di ripristinare una normale circolazione del sangue.
Le opzioni terapeutiche che il medico può valutare includono farmaci e chirurgia. La terapia farmacologica si fonda sull’impiego di antitrombotici e anticoagulanti, il cui scopo è prevenire la formazione di trombi e diluire il sangue.
Nello specifico, tra i farmaci impiegati in caso di ictus ischemico si segnalano:
- aspirina: è il principale antitrombotico usato nel trattamento immediato dell’ictus ischemico. L’aspirina ha anche scopo preventivo;
- attivatore tissutale del plasminogeno (TPA) ricombinante: si tratta di un medicinale a effetto trombolitico, che scioglie i coaguli di sangue. La sua somministrazione avviene per via endovenosa;
- anticoagulanti quali eparina, warfarin, clopidogrel o dipiridamolo. Poiché sono farmaci ad azione lenta, sono maggiormente indicati a fine emergenza.
Per quanto concerne invece la terapia chirurgica, si segnalano:
- somministrazione direttamente in situ di TPA: la somministrazione avviene tramite uno speciale catetere, che il medico conduce fino ai vasi arteriosi ostruiti. Il rilascio del TPA direttamente in sede di ostruzione ha effetti più rapidi e incisivi della somministrazione dello stesso medicinale per via endovenosa;
- rimozione meccanica del coagulo di sangue: il medico impiega uno speciale catetere che, una volta condotto nell’arteria ostruita, è in grado di catturare il trombo e liberare il vaso;
- endoarterectomia carotidea: questo intervento è indicato quando l’ostruzione è a livello delle carotidi. L’operazione prevede l’incisione della carotide occlusa e la rimozione dell’occlusione al fine di ripristinare il normale flusso sanguigno;
- angioplastica con stent: anche questo intervento è indicato quando l’ostruzione riguarda una carotide. La procedura prevede l’utilizzo di un tubicino metallico espandibile, che il medico introduce nella carotide, posiziona dove c’è occlusione ed espande per mezzo di un palloncino gonfiabile. Una volta espanso, il tubicino metallico libera la carotide e favorisce il normale flusso di sangue attraverso di essa.
Cosa fare in caso di ictus emorragico?
In caso di ictus emorragico, lo scopo dei trattamenti è quello di bloccare l’emorragia e ridurre la pressione che la fuoriuscita di sangue esercita sul tessuto cerebrale.
Ancora una volta, la terapia può essere farmacologica e/o chirurgica, a seconda della risposta del paziente e della gravità della condizione.
La terapia farmacologica si fonda sull’impiego di medicinali ad azione coagulante, ossia che favoriscono la coagulazione sanguigna e bloccano le emorragie (l’esatto opposto degli anticoagulanti); alle volte, inoltre, potrebbero trovare impiego farmaci per la riduzione della pressione intracranica e ad azione ipotensiva.
Per quanto concerne, invece, la terapia chirurgica, sono disponibili varie tecniche:
- craniotomia, seguita dalla rimozione del sangue in eccesso: questo intervento è indicato quando c’è stata un’importante perdita di sangue, che esercita una forte pressione a livello cerebrale;
- clipping dell’aneurisma ed embolizzazione endovascolare: sono due procedure distinte, utilizzate in presenza di ictus emorragico dovuto a un aneurisma cerebrale;
- rimozione della malformazione artero-venosa e radiochirurgia stereotassica: sono due operazioni distinte sfruttate nel trattamento dell’ictus emorragico dovuto a malformazioni congenite della rete vascolare cerebrale.
Riabilitazione post ictus
Una volta che il paziente è stabilizzato, inizia un’altra tappa fondamentale del percorso terapeutico: la riabilitazione post ictus.
La terapia riabilitativa serve al paziente per recuperare, per quanto possibile, le funzioni motorie e cognitive compromesse a causa dell’evento cerebrovascolare.
La riabilitazione post ictus varia a seconda dei deficit del paziente: per capire, un soggetto con difficoltà di linguaggio avrà bisogno di una terapia riabilitativa diversa da un soggetto con difficoltà motorie.
Il successo della riabilitazione post ictus dipende principalmente dalla gravità dell’ictus: i benefici saranno maggiori quando l’ictus è di gravità lieve/moderata, mentre saranno minori quando l’ictus ha recato gravi danni al tessuto cerebrale.
Sarà il medico a stabilire come procedere, sulla scorta delle condizioni specifiche del paziente.
Ricordiamo, infine, agli iscritti del Fondo Sanimoda che i Piani Sanitari prevedono la copertura delle spese sostenute per sottoporsi a trattamenti fisioterapici riabilitativi conseguenti a patologie particolari.
Per maggiori informazioni, invitiamo a consultare i Piani Sanitari presenti sul nostro sito web.