Il morbo di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa, una forma di demenza tipica degli anziani, che compromette le funzioni cognitive e si manifesta tipicamente con deficit di memoria, cambiamenti del comportamento, difficoltà di linguaggio e ragionamento, confusione, passività, ecc…
Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, in Italia, le persone con diagnosi di Alzheimer sono circa 600.000.
Approfondiamo insieme, e analizziamo con maggiori dettagli cos’è il morbo di Alzheimer, quali sono i sintomi iniziali e le manifestazioni successive della malattia, come si diagnostica e quali sono i possibili trattamenti.
Che cos’è il morbo di Alzheimer?
Di cosa parliamo in questo articolo
- Che cos’è il morbo di Alzheimer?
- Fasi del morbo di Alzheimer
- Quali sono le cause del morbo di Alzheimer?
- Quali sono i primi sintomi del morbo di Alzheimer?
- Come si manifesta il morbo di Alzheimer?
- Quali sono le complicanze dell’Alzheimer?
- Quali esami fare per vedere se si ha l’Alzheimer?
- Trattamenti: come si cura l’Alzheimer?
Noto anche più semplicemente come Alzheimer, il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che comporta un progressivo e irreversibile declino delle funzioni cognitive.
L’Alzheimer è la più comune forma di demenza, termine medico generico che identifica una serie di condizioni caratterizzate da un declino graduale delle funzioni cognitive, tale da interferire con lo svolgimento delle normali attività quotidiane, e manifestato tipicamente con problemi di memoria e del linguaggio, difficoltà di ragionamento, cambiamenti del comportamento, e così via.
Il morbo di Alzheimer è una patologia tipica degli anziani: la maggior parte delle diagnosi, infatti, riguarda persone di età superiore ai 65 anni.
Tuttavia, seppur raramente, può colpire anche individui più giovani, tra i 30 e i 60 anni. Si tratta del cosiddetto Alzheimer giovanile, o Alzheimer a esordio precoce, una patologia alla cui insorgenza contribuiscono fortemente fattori genetico-ereditari.
Fasi del morbo di Alzheimer
Il morbo di Alzheimer è una condizione progressiva, a stadi, che peggiora con il tempo.
Canonicamente, medici ed esperti descrivono questa evoluzione, distinguendo tre fasi della malattia, che chiamano:
- fase lieve o fase iniziale o, ancora, demenza lieve dovuta al morbo di Alzheimer;
- fase moderata o fase intermedia o, ancora, demenza moderata dovuta al morbo di Alzheimer;
- fase grave o fase finale o, ancora, demenza severa dovuta al morbo di Alzheimer.
Alcune classificazioni includono anche altre due fasi, entrambe precedenti alla fase lieve, che, in ordine, sono:
- Alzheimer preclinico;
- decadimento cognitivo lieve dovuto al morbo di Alzheimer.
Approfondiamo insieme queste fasi della malattia.
1. Alzheimer preclinico
Si tratta di una condizione asintomatica, che non compromette le funzioni cognitive della persona. Tuttavia, nel cervello si stanno verificando i cambiamenti tipici che caratterizzano una demenza come l’Alzheimer.
A rendere possibile l’identificazione dell’Alzheimer preclinico è stata l’introduzione di nuovi strumenti di diagnosi per immagini.
L’Alzheimer preclinico potrebbe durare decenni.
2. Decadimento cognitivo lieve dovuto al morbo di Alzheimer
È il momento in cui si verificano i primi segnali significativi di un declino delle funzioni cognitive, dovuto tipicamente all’Alzheimer.
Questa fase non va confusa con il normale decadimento cognitivo tipico del naturale processo di invecchiamento, e nemmeno con la fase iniziale del morbo di Alzheimer: è più esattamente una via di mezzo tra le due condizioni.
I sintomi che caratterizzano il decadimento cognitivo lievo dovuto all’Alzheimer non sono tali da compromettere la qualità di vita del soggetto; tuttavia, rappresentano il preludio di un declino mentale molto più invalidante.
3. Fase iniziale del morbo di Alzheimer
Corrisponde alla fase di esordio della malattia, in cui il paziente mostra i primi sintomi tipici della condizione.
L’Alzheimer in forma iniziale causa i primi problemi di memoria, confusione e disorientamento, è responsabile delle prime difficoltà di linguaggio e di calcolo, e dei primi episodi di cambiamento della personalità, ed è l’artefice dei primi episodi di difficoltà nel quotidiano e dei primi accenni di passività a livello di interazioni sociali.
4. Fase intermedia del morbo di Alzheimer
È la fase in cui, complice un ulteriore declino cognitivo, i sintomi tipici dell’esordio peggiorano, fino a diventare una costante nella vita del paziente.
Le amnesie, la confusione, il disorientamento, i problemi di linguaggio e le difficoltà di comunicazione hanno ripercussioni gravi sulla qualità di vita del malato.
A rendere ancora più complessa la condizione sono gli sbalzi d’umore, la depressione, i comportamenti ossessivi, gli episodi di delirio e paranoia, le allucinazioni uditive e le difficoltà importanti di ragionamento.
La fase intermedia dell’Alzheimer è quella più lunga: può durare anche diversi anni, prima di sfociare nella fase finale.
5. Fase finale del morbo di Alzheimer
Questa è la fase più critica della malattia, in cui il declino cognitivo ha raggiunto il massimo grado e il paziente non è più in grado di provvedere a sé stesso.
Nella fase finale, i sintomi classici peggiorano ulteriormente e a essi si associano problematiche quali l’incontinenza urinaria e fecale, i disturbi di deglutizione e la perdita del controllo motorio.
L’Alzheimer in fase finale compromette non solo le funzioni cognitive della persona, ma anche quelle motorie, volontarie e non.
Il morbo di Alzheimer può impiegare dai 3 ai 10 anni per raggiungere il suo stadio finale.
Quali sono le cause del morbo di Alzheimer?
Le cause precise del morbo di Alzheimer non sono ancora del tutto chiare.
Gli esperti, tuttavia, ritengono che all’insorgenza della malattia contribuisca un insieme di fattori genetici e ambientali, e lo stile di vita.
Dal punto di vista macroscopico, il cervello di un malato di Alzheimer presenta atrofia dei tessuti (atrofia cerebrale), successiva a morte o rimpicciolimento delle cellule nervose (neuroni).
Dal punto di vista microscopico, invece, è di comune riscontro la presenza di aggregati proteici, sia all’esterno (extracellulare) che all’interno dei neuroni (intracellulare); gli aggregati extracellulari sono le cosiddette placche di peptide beta-amiloide, mentre gli aggregati intracellulare sono i cosiddetti ammassi neurofibrillari di proteina tau iperfosforilata.
Cosa provochi la formazione di questi aggregati non è ancora noto, così come non è chiaro quale ruolo abbiano effettivamente nell’insorgenza e nell’evoluzione della malattia.
Quali sono le cause dell’Alzheimer giovanile?
Nell’Alzheimer giovanile, l’influenza genetico-ereditaria è determinante nella comparsa della malattia.
Proprio per questo, dal punto di vista delle cause, si può dire che per questa variante della patologia c’è maggiore chiarezza in merito ai fattori scatenanti.
Quali sono i fattori di rischio per l’Alzheimer?
I principali fattori di rischio associati ad un aumento delle probabilità di sviluppare la malattia sono i seguenti:
- età avanzata;
- sesso femminile;
- sindrome di Down, che favorisce l’Alzheimer giovanile;
- traumi alla testa;
- declino cognitivo correlato all’età avanzata;
- stile di vita (es. abitudine al fumo) e presenza di patologie croniche, come il diabete di tipo 2;
- familiarità e predisposizione genetica.
Quali sono i primi sintomi del morbo di Alzheimer?
Nelle prime fasi la malattia di Alzheimer si può manifestare attraverso alcuni sintomi, che è importante notare.
Ecco quali:
- amnesia anterograda, ovvero lievi problemi di memoria a breve termine;
- difficoltà a eseguire attività che richiedono maggiore pianificazione e organizzazione (es. per esempio, organizzare un pranzo in famiglia);
- lievi difficoltà a eseguire le normali attività di tutti i giorni (es. usare il forno a microonde);
- episodi di confusione e disorientamento spaziale e temporale (es. la persona non ricorda che giorno della settimana sia);
- maggiore tendenza a perdere o smarrire gli oggetti;
- impiegare più tempo a svolgere le normali attività di tutti i giorni;
- lievi e occasionali problemi di linguaggio e di calcolo;
- occasionale mancanza di giudizio;
- difficoltà occasionale a riconoscere oggetti di uso comune;
- minore interazione sociale, tendenza alla passività e mancanza d’iniziativa;
- sporadici cambiamenti di personalità.
Una persona con Alzheimer agli esordi potrebbe manifestare anche alcune lievi difficoltà di scritture e lettura, e, occasionalmente, non ricordare i nomi degli oggetti.
Come si manifesta il morbo di Alzheimer?
Durante l’intera sua evoluzione, il morbo di Alzheimer è tipicamente responsabile di numerosi altri sintomi e complicanze, tra cui:
- problemi di memoria a breve e lungo termine;
- confusione e disorientamento spaziale e temporale;
- difficoltà di linguaggio, di comunicazione e di calcolo;
- mancanza di giudizio;
- difficoltà di ragionamento e di apprendimento;
- tendenza a smarrire oggetti e a dimenticare i nomi di cose e persone;
- instabilità emotiva, sbalzi di umore, cambiamenti di personalità, agitazione, irritabilità, depressione e ansia;
- episodi di delirio e comportamento paranoico;
- allucinazione uditive;
- difficoltà a riconoscere amici e familiari;
- incapacità di prendersi cura di sé stessi (il paziente non è in grado di lavarsi, farsi da mangiare, ecc…);
- disturbi del sonno;
- incontinenza fecale e/o urinaria;
- problemi di deglutizione, che predispongono a polmoniti;
- perdita del controllo motorio.
Come analizzato in precedenza, buona parte di questi sintomi (es. perdita di memoria, confusione, disorientamento) è presente fin dagli esordi della malattia e peggiora con il tempo.
Altri disturbi, invece, compaiono soltanto in una fase più avanzata della condizione: è il caso, per esempio, dei problemi di incontinenza fecale e urinaria, della perdita del controllo motorio e delle problematiche di deglutizione, che sono tipiche dell’Alzheimer avanzato.
Quali sono le complicanze dell’Alzheimer?
Intaccando profondamente le capacità di comunicazione e la memoria, l’Alzheimer in fase avanzata impedisce al paziente di svolgere le seguenti azioni:
- comunicare eventuali disagi o un dolore;
- comunicare i sintomi di altre eventuali malattie;
- seguire in modo autonomo un piano terapeutico che preveda assunzioni giornaliere di farmaci;
- comunicare eventuali effetti collaterali dovuti a terapie farmacologiche in corso.
Tutte queste difficoltà ostacolano la possibilità di diagnosticare per tempo eventuali nuove patologie, con conseguente ritardo nei trattamenti.
Inoltre, con la comparsa dei problemi di deglutizione, deambulazione e incontinenza, il malato è incline a sviluppare:
- polmoniti e broncopolmoniti da inalazione;
- malnutrizione e/o disidratazione;
- diarrea o costipazione;
- piaghe da decubito.
Quali esami fare per vedere se si ha l’Alzheimer?
La diagnosi di Alzheimer richiede diverse indagini, in quanto la sintomatologia descritta per questa malattia può essere dovuta anche ad altre condizioni mediche, a terapie farmacologiche e, perfino, ad alcune carenze nutrizionali.
Per questa ragione, ai fini di una diagnosi corretta e precisa, è fondamentale anche un approccio per esclusione, ossia la cosiddetta diagnosi differenziale.
Venendo agli esami da fare, in genere, il percorso diagnostico delineato dal personale medico prevede:
- anamnesi;
- esame obiettivo;
- esame neurologico;
- test cognitivi e neuropsicologici;
- esami di laboratorio;
- test di diagnostica per immagini.
Anamnesi
L’anamnesi (o storia clinica) è l’acquisizione, dalla voce diretta del paziente o dei suoi familiari, di tutte quelle informazioni utili a spiegare una determinata sintomatologia.
Si indaga, quindi, lo stile di vita del paziente, le terapie farmacologiche, la storia medica passata e le patologie ricorrenti in famiglia.
Nella diagnosi di Alzheimer, questa fase è importante perché permette al medico di capire se la sintomatologia presente è effettivamente imputabile a questa demenza.
Esame obiettivo ed esame neurologico
L’esame obiettivo consiste in una valutazione medica dello stato di salute generale del paziente, una tappa obbligata di qualsiasi indagine diagnostica.
L’esame neurologico – che valuta i riflessi tendinei, le funzioni motorie e quelle sensitive – può considerarsi un esame obiettivo più specifico, un test doveroso ogniqualvolta si è al cospetto di una sintomatologia potenzialmente connessa a una disfunzione neurologica o cognitiva.
Test cognitivi e neuropsicologici
I test cognitivi e neuropsicologici mettono alla prova il paziente su vari fronti e abilità, tra cui:
- memoria;
- attenzione;
- capacità di risolvere problematiche quotidiane;
- capacità di linguaggio e di comunicazione;
- ragionamento e capacità di calcolo;
- sfera comportamentale e psichiatrica.
Se eseguiti tenendo conto di specifici fattori, come il livello di istruzione e la salute generale del paziente, i test cognitivi e neuropsicologici possono rivelarsi fondamentali nella diagnosi di Alzheimer.
Il più rappresentativo ed esaustivo di questi esami è il Mini-Mental test, anche noto come test di Folstein. Questi test, inoltre, trovano impiego anche per valutare l’andamento della malattia nel corso del tempo.
Esami di laboratorio
Gli esami di laboratorio impiegati nella diagnosi di Alzheimer valutano una serie di parametri ematici e delle urine, la cui alterazione è conseguenza di condizioni simili a quella della demenza in questione; in altre parole, servono a escludere o meno se i sintomi presenti sono dovuti ad altre condizioni.
Tra gli esami di laboratorio utili, figurano:
- misurazione della glicemia;
- quantificazione ematica della vitamina B12;
- analisi delle urine;
- test tossicologici, per identificare eventuali intossicazioni da farmaci o altre sostanze;
- misurazione degli ormoni tiroidei.
Test di diagnostica per immagini
I test di diagnostica per immagini solitamente impiegati nella diagnosi del morbo di Alzheimer comprendono:
- risonanza magnetica cerebrale;
- TAC cerebrale;
- PET.
Risonanza e TAC servono alla diagnosi differenziale; permettono, infatti, di escludere o meno che la sintomatologia sia connessa a specifiche condizioni, quali tumori, ictus o altre patologie vascolari.
La PET è in grado di riconoscere la degenerazione e le lesioni cerebrali tipiche dell’Alzheimer, ma questo esame trova impiego soltanto nel campo della ricerca e dello studio della malattia, non nella diagnosi normale.
Ricordiamo agli iscritti al Fondo Sanimoda che i Piani Sanitari prevedono la copertura delle spese in caso di ricorso alla Diagnosi comparativa, offrendo quindi la possibilità di avere un secondo e qualificato parere da parte di un medico UniSalute su una diagnosi precedente. Per maggiori informazioni, invitiamo a consultare il nostro sito web, qui.
Inoltre, il Fondo ha predisposto una serie di misure dedicate ai propri iscritti dedicate all’assistenza alla non autosufficienza. Nello specifico il Fondo offre ai propri iscritti la copertura Long Term Care (LTC), che prevede una rendita mensile vitalizia (nel caso sia stata accertata la perdita di non autosufficienza durante il periodo di copertura) e un capitale una tantum, versato insieme alla prima rendita, anche in presenza di diagnosi di morbo di Alzheimer, che causi, in modo presumibilmente irreversibile, la perdita delle capacità mentali.
In aggiunta, oltre alla componente assicurativa in grado di supportare a livello economico, Sanimoda ha predisposto un pacchetto di servizi alla persona in grado di supportare gli iscritti, le famiglie e i caregiver in caso di fragilità.
Per approfondire, invitiamo a consultare il nostro articolo “Long Term Care: la tutela per la non autosufficienza”.
Trattamenti: come si cura l’Alzheimer?
Attualmente, non esiste una cura specifica per il morbo di Alzheimer. Tramite alcuni farmaci e altre strategie, però, è possibile rallentare la progressione della malattia e posticiparne la fase finale.
Le terapie disponibili oggi non permettono di invertire la malattia e nemmeno di fermare la progressione dell’Alzheimer: le sue conseguenze, infatti, sono irreversibili.
Un aspetto fondamentale del trattamento sintomatico è la tempestività: prima si applica, maggiori sono le speranze di mantenere più a lungo le funzioni cognitivi del malato.
Quindi, a cosa serve questa terapia sintomatica? Essa mira a contrastare le manifestazioni principali della patologia, tra cui:
- problemi di memoria;
- mancanza di autosufficienza;
- deficit di apprendimento e ragionamento;
- episodi di aggressività e paranoia;
- cambiamento di personalità;
- depressione;
- disturbi motori.
La terapia farmacologica, invece, si basa essenzialmente su due categorie di medicinali:
- farmaci capaci di migliorare la sintomatologia cognitiva: tra questi figurano gli inibitori dell’acetilcolinesterasi e la memantina;
- farmaci in grado di migliorare la sintomatologia psichiatrica: tra questi, rientrano gli antipsicotici e gli antidepressivi.
Infine, altri trattamenti utili in caso di Alzheimer sono:
- fisioterapia: permette di contrastare i disturbi motori e di equilibrio;
- terapia occupazionale: serve a rendere il più autonomo possibile il paziente e a re-inserirlo in un contesto sociale;
- terapia comportamentale: ha lo scopo di ridurre i comportamenti problematici tipici della malattia, ovvero aggressività, sbalzi d’umore, cambiamenti della personalità, psicosi, ecc… Una buona e tempestiva terapia comportamentale può posticipare l’uso dei farmaci antipsicotici e antidepressivi;
- stimolazione cognitiva: consiste in esercizi preposti a migliorare la memoria, il linguaggio e la capacità di risoluzione dei problemi;
- terapia del linguaggio: serve contro i problemi di linguaggio e di comunicazione;
- terapia della reminiscenza: consiste in un approccio riabilitativo psicosociale, basato sul concetto di recupero dei ricordi, attraverso la rievocazione di episodi di vita passata, la visione di foto di un tempo, la lettura di vecchie lettere o appunti scritti dal paziente, e così via. Nel malato di Alzheimer, questa forma di terapia serve a mantenere viva nella mente la sua biografia, e presuppone l’intervento dei familiari.
Le terapie coadiuvanti variano di paziente in paziente, ma anche per lo stesso soggetto malato nel corso della progressione della malattia nel tempo. Sarà il team medico a stabilire come procedere.